Pochi giorni fa sul sito della BBC (http://www.bbc.co.uk/news/science-environment-20790294) è stato pubblicato un interessantissimo articolo in inglese sull’evoluzione della mano umana. Riporto in questo post l’articolo tradotto in italiano dal amico, giornalista e allievo di Wing Tsun della palestra di Milano Lorenzo Bordoni che ringrazio particolarmente per questo lavoro.
Le mani umane, plasmate durante i millenni dal combattimento
Secondo un nuovo studio condotto da un team statunitense, il combattimento potrebbe aver modificato l’evoluzione della mano umana.
I ricercatori del’Università dello Utah hanno misurato la forza e l’accelerazione dei colpi inferti dagli artisti marziali durante l’allenamento al sacco.
Hanno scoperto che la struttura del pugno fornisce un supporto che aumenta la capacità delle nocche a trasmettere forza al colpo (i dettagli sono stati pubblicati sul Journal of Experimental Biology).
“Ci siamo allora posti la seguente domanda: si può colpire con un pugno in modo più violento che con un palmo aperto?”, ha spiegato il co-autore della ricerca David Carrier.
“Siamo rimasti sorpresi perché i colpi di pugno non erano più forti rispetto a quelli inferti con il palmo della mano”.
Inoltre, la superficie che colpisce il bersaglio con un palmo è più ampia rispetto al pugno, riducendo lo stress della mano. Nel pugno, aggiunge Carrier, “la forza per area è maggiore e questo provoca danni localizzati dei tessuti”.
Il team ha scoperto che per tirare un pugno chiuso è necessario fornire un elemento di protezione per le ossa delicate della mano. In questo colpo, infatti, aumenta la rigidità dell’articolazione del secondo osso metacarpale (MCP) del 25per cento (queste articolazioni sono le nocche visibili quando la mano è serrata) e raddoppia la capacità di trasmettere forza attraverso le falangi prossimali (ossa delle dita che si articolano con le articolazioni MCP).
Doppio uso
Nel loro documento, i professori David Carrier e Michael H. Morgan sottolineano come la mano dell’uomo è stata plasmata dalla necessità di una sempre maggiore destrezza.
Aggiungendo che alcune proporzioni del nostro organo tattile sono compatibili proprio con una maggiore capacità di manipolare gli oggetti.
“Tuttavia – spiegano – ci possono essere solo un insieme di proporzioni scheletriche che permettono alla mano di funzionare sia come meccanismo per la manipolazione precisa sia come un’arma per colpire”.
In definitiva, “il significato evolutivo della mano umana potrebbe risiedere nella sua notevole capacità di servire due funzioni apparentemente incompatibili, ma intrinsecamente fondamentali per l’essere umano”.
I nostri parenti più stretti, gli scimpanzé e i bonobo, non riescono in genere a stringere la mano a pugno. I ricercatori pensano che non siano in grado di farlo.
Il professor Carrier ha commentato: “La questione per me è: perché non è stato discusso tutto questo 30 o 40 anni fa? Per quanto ne so, questo tema non è stato mai sviluppato nella letteratura scientifica”.
Alla domanda se l’idea che l’aggressività possa aver giocato un ruolo chiave nel modellare il corpo umano, Carrier ha spiegato: “Credo che siamo più in quella situazione ora che in passato.Penso che ci sia un sacco di resistenza, forse di più tra gli accademici che tra la gente in generale. Resistenza all’idea che gli esseri umani a tutti i livelli siano per natura ‘animali’ aggressivi. In realtà penso che l’atteggiamento delle persone che hanno cercato di eliminare questa componente dall’uomo non hanno fatto bene il loro lavoro.Penso che sia meglio affrontare questa realtà, evidenziando che, come uomini, abbiamo queste forti emozioni e che qualche volta ci portano a innescare comportamenti violenti. Penso che essersi resi conto di questo ci permetterà di prevenire la violenza in futuro”.