Segue in questo post la traduzione dell’editoriale dell’intervista del Prof. Kernspecht riportata su Wing Tsun Welt Online:
Si ringrazia per la traduzione Si-Hing Davide Monticelli !
Tu spesso distingui il Wing Tsun o Wing Chun che conosciamo e quello che non conosciamo, quello che per te è già una realtà come visionario e sviluppatore, e con i tuoi esperimenti, ma che per la maggior parte dei tuoi studenti che non sono giorno per giorno in contatto con te rimane una promessa per il futuro.
E’ vero, io mi occupo del Wing Tsun perfetto, di come protrebbe essere. Un Wing Tsun che ha lo Yin e lo Yang, e che non escluda niente. Capisco che ciò possa confondere alcuni e addirittura essere inconcepibile per altri.
Potresti magari darci un’idea di come distingui fra i due tipi di Wing Tsung? Magari descrivendo prima il Wing Tsun tradizionale, quello che conosciamo?
Il Wing Tsun tradizionale è qualcosa di esterno o, secondo il mio Sifu, qualcosa di parzialmente interno e parzialmente esterno, anche se lui non lo descriverebbe così. Gli allievi imparano le forme tradizionali, praticate da soli, al fine di acquisire i movimenti in esse contenuti, assimilandole attraverso una ripetizione costante e ritmica, facendoli diventare automatismi. Poi imparano per ogni movimento un’applicazione che viene ripetuta a raffica finché non diventa una tecnica fissa. La difesa appropriata viene prodotta come risposta a determinati movimenti dell’avversario. L’attacco ha la precedenza rispetto alla difesa. L’attacco più efficiente sono i così detti “pugni a catena“. L’approccio è piuttosto aggressivo, con i paraocchi, e non ascolta gli argomenti, rilevanti che siano, dell’avversario. Per quanto riguarda la difesa, essa diventa necessaria soltanto se il pugno non sortisce l’effetto sperato. Se l’avversario riesce a difendersi contro colui che pratica Wing Tsun esterno, quest’ultimo si adatterà un minimo con le sue braccia e spalle. Egli adotterà appunto una posizione angolata (BongSao, TanSao) con il corpo in tensione, specialmente le scapole, così che la forza che gli viene scagliata contro viene scaricata, tramite la tensione di addominali, ginocchia e piedi, a terra. In questo modo la pressione dell’avversario finisce per spostare di 45 gradi colui che pratica Wing Tsun. Questo è il Wing Tsun che è più conosciuto: è basato sull’uso delle braccia, comprende movimenti lineari, si basa sul concetto di cuneo e lavora su ciò che alcuni scienziati americani chiamano automatismi.
Dunque cos’è il WT che non si conosce, il WT come possibilità?
Per semplicità qui lo definirò WT interno, ma non ritengo che esista una vera e propria dicotomia. In questo stile di WT lo studente impara le forme tradizionali, ma non in modo che esse risultino in una serie di tecniche da applicare a tutti i costi. Nel WT interno non vogliamo imparare l’esercizio (dalle tecniche) ma vogliamo piuttosto imparare il principio delle tecniche grazie all’esercizio. Come esercizio da fare da soli le forme ci aiutano a riunire in noi stessi il concetto del cuneo e della sfera. Nel WT interno è di fondamentale importanza non eseguire specifici movimenti secondo la nostra volontà, ma piuttosto esplorare l’ambiente circostante con movimenti e percezioni che ci permettono di capire gli input che ci arrivano dall’esterno. Dunque non è questione di utilizzare movimenti prefabbricati o mettere in moto automatismi tipici dei movimenti ritmici. Il percepire gli input che l’ambiente circostante ci fornisce ci permette di dare vita a movimenti specifici che risultano dall’interazione fra sfaccettature diverse dei principi di cui sopra. È tutta questione di “Potere marziale” (meglio noto come Jin-Power, a questo proposito vedi http://ymaa.com/articles/generating-jin) Questo è il WT che non si conosce. È guidato dal torso, mette in moto l’intero colpo, è sia lineare che circolare, trae ispirazione dal cuneo e dalla sfera. Mantiene una struttura rigida quando è necessario ma sorprendentemente è disposto a trasformarsi in qualcos’altro quando le circostanze lo richiedano. È in tensione (concetto di molla) senza essere rigido. Si comporta come il ramo di un salice che libera da solo della neve. Segue i principi del Buddismo Chan, non è basato su automatismi, riflessi condizionati o abitudine!”